Le mie Sicilie

Le mie Sicilie

Sempre con lo stesso istituto universitario ho viaggiato in Sicilia per accompagnare un bel gruppo di giovani che qui in Italia per studio ambivano a questa meta anche per legami parentelari di seconda e terza generazione. Ascoltando alcuni di loro in viaggio con me, non trovavo espressioni commosse che avrei potuto e voluto filmare, di chi rientra nel proprio paese di origine perché  la Sicilia non rappresentava per nessuno di loro, le radici familiari. Percepivo però un gran desiderio di voler verificare ciò che da parte dei nonni probabilmente era stato raccontato. Citando i nomi delle città di origine dei loro lontani parenti, mi indicavano sempre paesi piccolissimi, segno evidente che a quei tempi probabilmente chi cercava fortuna all’estero proveniva principalmente dalle zone più periferiche di ogni regione d’Italia. La sera della partenza dalla stazione di Campo di Marte a Firenze, si percepiva l’emozione del viaggio addosso a tutti. L’acquisto delle scorte di cibo confezionato dispensato dalle macchinette automatiche vicino ai binari, normale per ragazzi di quell’età, appariva come una staffetta alimentare fra la realtà attuale sempre più rarefatta e il paradiso di un viaggio meraviglioso che li avrebbe segnati profondamente, offrendo loro una lezione di sana alimentazione.

Non viaggiando spesso in treno su lunghe percorrenze, mi ricordo di aver passato nella mia cuccetta singola diverse ore prima di addormentarmi praticamente prima dell’alba, cercando di progettare le riprese lungo l’itinerario concordato per filmare le situazioni su cui puntare di più per fare un documentario interessante. Da subito, appena sbarcati dal treno e trasferiti a bordo di un confortevole pullman a due piani, sono iniziate le riprese solo video cercando di cogliere la gioia di quei giovani e le meraviglie ambientali. La prima vera tappa appena arrivati a Taormina, è stata il laboratorio di un famoso pasticciere lungo il corso che nella sua routine ci ha permesso di assistere nel suo laboratorio al sacro riempimento di ricotta freschissima dei tipici cannoli siciliani. All’esterno del negozio, iniziai a raccogliere le prime impressioni sul cibo locale e ascoltando i dettagli delle ragazze guardando il video qui sotto, potrebbe apparire un’esperienza quasi “sensoriale” o 4D come potrebbe essere etichettata oggi in un moderno cinema multisala! In questo viaggio, oltre alle tipicità ambientali, tutti sono rimasti colpiti dalla bontà del cibo che è stato offerto e dal grande senso di ospitalità che quella gente sa offrire.

Nella strada principale di Taormina dove torreggiava uno striscione dedicato a Pippo Baudo per una recente manifestazione culturale, è iniziata la mia nuova esperienza video fotografica digitale e analogica con i 5 o sei apparecchi foto video tutti pronti all’uso. Ricordo di aver assegnato ad ognuno di quelle macchine fotografiche a pellicola, un ruolo specifico: decorativo con la “tre occhi”, vintage e pose con la Lomo LC-a, reportagistico su angoli di strada e paesani con il formato 6×6 della Lubitel e un misto di tutto senza troppe indicazioni per il fisheye della Lomography. La videocamera digitale avrebbe dovuto documentare l’escursione con la priorità di intervento su tutte le macchine concorrenti per non perdere i momenti più istintivi, preziosi e necessari per una buona narrazione, lasciando la suggestione delle immagini statiche in pasto agli scatti fotografici delle  fotocamere a pellicola. Intorno a me, nei negozi disposti in fila continua, si alternano ancora oggi ceramiche locali tipiche siciliane coloratissime e ispirate alla rinascimentale produzione ancora attiva di Caltagirone, e le ormai popolari magliette nere con profilo di Marlon Brando nel ruolo del padrino, tipico stereotipo non so quanto gradito ma comunque popolare per definire un certo stile di vita siciliano. Nei titoli di coda del film prodotto in quel viaggio, scorrono in mezzo ad altri, nomi e cognomi di origine italiana e spesso del sud.

Ognuno di quei ragazzi, mostrava di essere già completamente a proprio agio e l’idea di dover lasciare quel territorio pochi giorni dopo per rientrare a Firenze, li stimolava a provare tutto ciò che vedevano a disposizione, cibo, bevande, tentare di ascoltare i racconti di passanti che incrociavamo perché incuriositi per il nostro procedere vivace con moderazione ma particolare come gli statunitensi sanno fare.

Le temperature incontrate ci hanno permesso di salire a bordo di un battello e far sperimentare il bagno in acqua vestiti tuffandosi a largo come nessun italiano si sarebbe sognato di fare in quel periodo dell’anno, suscitando l’imprecazione tipica di disagio del marinaio siracusano. Tutto è bene ciò che finisce bene, La musica a bordo con il brano WYMCA dei Village People, riportò tranquillità a quel punto della tarda mattinata verso uno sfrenato desiderio di cibo sano. In quella occasione più volte ho rischiato di finire in acqua anche io trascinato dall’entusiasmo del gruppo; mi hanno aiutato a non essere coinvolto nel bagno in mare, le mie adorabili macchine fotografiche intorno al collo.

Nei giorni successivi, le emozioni si sono susseguite con visite alle catacombe che con la loro oscurità hanno messo in crisi le possibilità fotografiche delle mie macchinette lasciandomi solo la possibilità di filmare nella penombra con mano immobile, i movimenti spettrali dei ragazzi che passavano lungo quei cunicoli. Poi la visita al teatro romano, Ortigia di giorno e di sera per poi arrivare verso la strada del ritorno nella cittadina di Noto, capitale europea dell’arte Barocca e definita dall’Unesco Patrimonio dell’umanità, visitandone i magnifici palazzi borghesi e le sue chiese, ordinatamente disposte lungo il corso principale per poi visitare alche il magnifico teatro comunale. Questa passeggiata mi offrì la visione di persone e scorci così tipicamente siciliani che ho voluto omaggiare con un rallentamento (slow motion) delle immagini per enfatizzarne le immagini. Da lì, il viaggio di ritorno verso l’imbarco per tornare in “continente“, ci vide sostare brevemente a Catania ma solo per un breve caffè lungo le strade di passaggio. Durante il viaggio in treno, dopo aver collezionato e selezionato le immagini più significative del viaggio partì la fase finale di montaggio del filmato per essere proiettato sul mio schermo a 17 pollici del macbook pro nella mia cabina a piccoli gruppi permettendo a tutti di rivedersi in video, rivivendo almeno sullo schermo ciò non avevano mai immaginato della Sicilia.

 

Una sfida di tipo diverso è stata la seconda visita agli stessi luoghi e percorsi un paio di mesi dopo. L’idea di dover filmare per produrre un doppione era per me una preoccupazione che avrebbe rovinato la freschezza delle immagini; da questa analisi durante le settimane precedenti alla partenza, scelsi di guardare diverse volte attentamente il filmato che avevo già prodotto per cercare di rendere il nuovo prodotto diverso e migliore. Scelsi in diversi casi di cambiare punto di vista per le mie inquadrature, filmare da livello stradale inclinare la videocamera e aspettare momenti diversi quando transitavamo negli stessi luoghi. Come è naturale che sia, ci furono anche diverse variazioni che resero comunque il nuovo filmato sostanzialmente diverso anche perché con studenti partecipanti diversi era ovvio che “la storia” la facessero loro. Così accadde, diverse emozioni, personaggi e interviste e un finale a tema che definiva l’atmosfera calda in chiusura di viaggio.

Pellicola in video

Pellicola in video

Durante un lavoro per agenzia di viaggi, ho voluto portare con me anche una delle mie cineprese a pellicola Super8. Dentro lo zaino avevo con me una reflex digitale con la quale ho prodotto il video promozionale richiesto, in aggiunta avevo anche 4 cartucce di pellicola Super8 bianco e nero. Sapevo che sarebbe stato impegnativo filmare con entrambe le macchine e ho deciso quindi di riservare alla cinepresa a pellicola solo inquadrature paesaggistiche  con inquadrature da fermo per diminuire le vibrazioni tipiche delle riprese fatte a mano. La finezza della grana che rende il filmato quasi materico e più realistico se confrontato con la costruzione digitale delle immagini, fa risultare le immagini veramente affascinanti. Il dettaglio del digitale offre maggiore definizione quando si tratta di rappresentare particolari piccoli come potrebbe essere necessario per il ritratto di un’opera d’arte, la cui immagine dovrebbe essere più vicina possibile ai dettagli dell’originale. Le prime esperienze del cinema con telecamere digitali, richiedevano l’utilizzo di accessori per diminuire l’aspetto delle immagini troppo differente da quelle prodotte in pellicola. Anche dagli attori furono accettate con un po’ di diffidenza da chi aveva timore dei troppi dettagli sulla propria immagine fisica. Ovvio immaginare che per una donna, mostrare nei minimi particolari il proprio viso durante un’inquadratura in primo piano, possa ancora oggi preoccupare mostrando grande dettaglio nel rivelare eventuali imperfezioni del volto costringendo lo staff del make-up a interventi maggiori di trucco prima delle riprese. Ancora oggi, per far rendere la definizione delle immagini video più morbide e simili ai vecchi prodotti a pellicola, posizionare una calza finissima da donna davanti all’obiettivo, permette di diminuire la messa a fuoco nelle inquadrature, riducendo  l’effetto un po’ spigoloso di questa moderna tecnologia.

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Oggi, produttori di software mettono a disposizione programmi con un largo numero di opzioni che imitano anche abbastanza bene i dettagli e i colori particolari conosciuti sulle pellicole. Chi conosce e utilizza ancora le pellicole afferma che l’imitazione non è poi così rassomigliante. La pellicola di un film o fotografica impressionata dalla luce, crea sfumature di intensità estese e profonde; significa che permette con un’esposizione corretta di rappresentare in una inquadratura sulla spiaggia, tante sfumature di luci e ombre partendo dal bianco assoluto dei raggi solari fino a ombre velate delle increspature delle onde anche meno illuminate. Fotografia e video digitale, solo recentemente permettono di avere questa larga estensione di tonalità ma solo con apparecchi abbastanza costosi. La pellicola in bianco e nero, largamente usata e ricercata ancora oggi per filmati d’autore di genere, non offre la chiarezza delle immagini pari a quella a colori. I dettagli sono definiti solo dai contorni e dalle sfumature di grigio e ad un primo confronto fra bianco e nero e colore, la seconda scelta alla quale siamo abituati da tempo su tutti gli schermi che utilizziamo, permette al nostro cervello di riconoscere velocemente le immagini, spesso più per i colori che per le forme. Se immaginiamo una Ferrari in strada, o un frutto, togliendo il colore, il riconoscimento e la sua fedeltà di corrispondenza sono affidati solo alla definizione delle forme e alla nostra abitudine a riconoscerle. Sarà più difficoltoso per chi guarda il filmato seguire e non perdersi dettagli importanti dentro le inquadrature. Esprimersi in bianco e nero, richiede capacità compositiva delle inquadrature; vale il principio universale che qualsiasi elemento senza particolare significato dentro un’ inquadratura, non solo non la arricchisce ma la impoverisce. Se volessimo ritrarre soggetti proprio per la loro condizione coloratissima o piena di dettagli come potrebbe essere un mercatino di Natale, meglio usare la pellicola a colori o un apparecchio digitale. Se invece componiamo nell’inquadratura soggetti controluce o con alti contrasti, può essere indicato utilizzare il bianco e nero per rafforzare la particolarità delle silhouette delle immagini. Come dire, anche i fumetti in bianco e nero deciso continuano a esercitare il loro fascino senza distrarre l’occhio con colori accesi e sfumature. Quindi per la narrazione, che si parli di soggetti statici di una fotografia o in movimento del video o pellicola, i campi di applicazione della creatività si intrecciano continuamente. Nessuno è il migliore in assoluto. Quindi, per chi vuole usare la pellicola bianco e nero e fare un buon prodotto abbastanza definito, meglio filmare in esterno con luce diurna nelle ore più illuminate per non perdere importanti dettagli della scena inquadrata.

Ecco alcuni di test pellicola girati in esterno in condizioni di luce varie, in bianco e nero che mostrano le caratteristiche appena descritte, anche nelle sue limitazioni e difetti che scelgo di mostrare come esperienza personale diretta con la quale guidare i prossimi filmati.

Chissà se in futuro verranno inventati pixel, cioè l’unità con il quale sono costruite le immagini, di forma circolare invece che quadrata per ottenere immagini i cui bordi abbiano un’aspetto curvilineo molto vicino all’effetto estetico che offre la pellicola in modo tale da rendere i video prodotti con una morbidezza di immagine più vicina alla realtà. O forse esiste già  e io non me ne sono accorto?

Guardiamo qui l’effetto che fanno immagini di pellicola Super8 bianco e nero, in un quadro digitale.

Nell’uso della pellicola occorre tenere presente le indicazioni dei fabbricanti per luce diurna e artificiale. Quando usiamo le pellicole o strumenti digitali, le nostre immagini se ci sono condizioni di bassa luminosità, perderanno di brillantezza, offrendo una colorazione tendente ai toni freddi, sul verde blu e così via. Tutto chiaro, niente di nuovo. Allo stesso modo come fare una foto oggi con il telefonino il cui flash sia poco potente per illuminare magari un gruppo di persone nel buio a 5 metri di distanza da noi. Ma, se usassimo la pellicola per luce artificiale in condizioni di luce naturale, cosa succederebbe alle nostre immagini? Qualcosa del genere come mostrato nelle foto qui sotto. Ci sono comunque dei filtri azzurri e ocra da mettere davanti all’obbiettivo prima di fare foto e film per ribaltare queste condizioni e stabilire un nuovo equilibrio, a condizioni che lo vogliamo fare e non sperimentare qualcosa di nuovo! Per il mondo digitale, per risolvere questo problema, esiste una opzione ormai presente su telefonini e apparecchi video e fotografici che si chiama White Balance, (bilanciamento del bianco); con questo comando si seguono le indicazioni per indirizzare la macchina a “leggere le aree di bianco correttamente sia in esterno che in interno e i colori anche se con poca luce riprendono tonalità vicino alla capacità di visione dei nostri occhi.

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Se invece si utilizzano pellicole scadute da diversi anni, i colori caldi tenderanno ad apparire deboli mostrando aspetti pallidi o maggiori dominanti bluastre a seconda dei prodotti usati. Se vi piace sperimentare, questo è un percorso divertente. Farlo con un click su una App di un telefonino, può apparire abbastanza semplice e sicuramente veloce ma non è la stessa cosa. Io uso entrambe le soluzioni per fascino da una parte, per convenienza dall’altra. Visitate l’articolo Lomography per vedere alcuni scatti.

Foto… mascherate

Foto… mascherate

palazzo vecchio

Già durante i primi decenni della fotografia, si usavano mascherini da sovrapporre alla pellicola per ottenere effetti creativi. Cercando sul web anche io ho voluto utilizzare per alcuni miei scatti dedicati a inquadrature di paesaggi comuni o molto conosciuti e quasi scontati, alcuni mascherini sovrapposte alle pellicole. Gli esperimenti che avevo visto praticati da altri, spaziavano da cornici con firme personalizzate o silhouette e stilizzazioni con astrazioni vere e proprie.WP_20151117_15_04_04_Pro Qui è iniziata la mia fase creativa con la quale ho prodotto anche io i miei mascherini personalizzati.

WP_20151117_14_34_14_ProPer descriverla semplicemente, si immagini di appoggiare sul vetro della propria finestra un altro vetro con scritto qualcosa sopra a pennarello indelebile. Ad occhio nudo guardandoci attraverso, il nostro occhio sovrapporrà la scritta a pennarello alla vista fuori della finestra. Se al posto del nostro occhio ci fosse una macchina fotografica a pellicola o digitale, verrebbero registrate due immagini sovrapposte. La fase impegnativa ma assolutamente appassionante è proprio quella di progettare lo scatto tenendo in memoria il soggetto presente sul mascherino e la sua posizione cercando con l’inquadratura davanti ai nostri occhi, di comporre un bell’insieme. Il caso, il progetto elaborato e la sperimentazione fanno il successo del risultato.
Firenze centro

Lomography

Lomography

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Quasi casualmente mentre cercavo sul web fotografie in pellicola bianco e nero, sono arrivato a conoscere il progetto Lomography, una moda nata  da giovani che hanno trasformato in business una scoperta fatta durante un loro viaggio per turismo nell’est Europa. La questione nasce o almeno così si racconta, quando a corto di apparecchiature fotografiche per immortalare i luoghi che stavano visitando, si recarono presso un rigattiere acquistandone una di costruzione sovietica per poter tornare a casa con alcuni scatti fatti.
Al loro rientro, ritirando le stampe delle pellicole negative utilizzate durante quel viaggio, si accorsero di particolari colorazioni, bagliori, contrasti probabilmente dovuti alla non conoscenza del mezzo tecnico che avevano utilizzato. Queste imperfezioni però possedevano una forte personalità espressiva, in alcuni casi maggiore di scatti fotografici perfetti nei colori, nella luminosità, nelle posizioni dei soggetti, che ogni fotografo cerca sempre di realizzare esprimendo se stesso al meglio. Probabilmente, l’originalità di quelle foto, li stimolò a osare di più. Risultati che non conoscevano e non ricordavano possibili nelle loro esperienze digitali, iniziarono ad appassionarli, accendendo in loro il desiderio di replicare quei bagliori, le velature, la vividezza dei colori e i risultati imprevedibili che quella macchina fotografica complessa nella sua semplicità aveva.

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La notte che lessi questo articolo, iniziò per me una nuova fase di sperimentazione fotografica e dopo alcune ore che passavo da un articolo a quello successivo riproducenti decine di fotografie e particolari effetti cromatici, anche io rimasi colpito dal fascino del colore riprodotto con tonalità e variazioni che mi ricordavano la pellicola Super8 che avevo conosciuto da piccolo grazie alla cinepresa con la quale i miei genitori avevano collezionato ricordi di infanzia della mia famiglia. Nei giorni successivi, mi procurai tramite Ebay due Lomo LC-A con le quali iniziare a sperimentare intorno a me fuori e dentro progetti di lavoro. Questa fotocamera, rispetto ad altre che ancora oggi fanno parte della mia collezione, è forse quella che mi ha più tenuto compagnia in piccoli zaini ma soprattutto tasche grazie alla sua compattezza e gli effetti particolari che è capace di riprodurre. Tornando ai fondatori di quel progetto, la loro capacità imprenditoriale fece sì che riprese vita la passione e la ricerca di particolari apparecchi analogici di provenienza dell’est, da parte soprattutto di giovani che desideravano sperimentare nuovi effetti e colorazioni che il mondo degli scatti digitali sembrava non conoscere sempre rivolto all’ottimizzazione e la perfezione dello scatto.
Per coloro che conoscono la fotografia d’origine, quella analogica in Italia dei fratelli Alinari per esempio, sanno bene anche per aver sperimentato come me, che gli effetti particolari prodotti da alcune macchine fotografiche analogiche, erano  spesso il risultato di inquadrature e scatti non perfetti o di alterazioni qualitative dei rullini, e certamente anche per errori umani.
La mia esperienza personale legata a Lomography, è durata attivamente qualche anno prodotta essenzialmente con macchine fotografiche acquistate in negozi di rigattieri, mercatini e anche su Ebay. Il desiderio di scattare foto partendo da inquadrature e posizioni dei soggetti meno ricercati, non in posa e un po’ originali, è stato sicuramente il motore trainante delle mie sperimentazioni. Ricordo, in alcuni periodi di lavoro, avido di sperimentazioni di questo tipo, incaricato di filmare gruppi di turisti in giro in Italia e altre destinazioni europee, di aver portato con me, 7 apparecchi fotografici analogici a pellicola completamente diversi fra loro.
Per prepararmi ad utilizzare al meglio le varie fotocamere con pellicole diverse fra loro, colore e bianco e nero, viaggiavo con questi oggetti plastici con tracolle e catenine come fossi un venditore ambulante. Sul dietro di ogni apparecchio, avevo messo scritte su pezzetti di nastro adesivo per suggerire l’utilizzo più creativo, almeno per quello che riuscivo ad immaginare; palazzi, ritratti, interni, eccetera. oltre a questi gadgets, avevo con me la videocamera che doveva permettermi di realizzare il lavoro per il quale ero sotto contratto. Lavorando e filmando i gruppi che stavo seguendo, ho avuto la possibilità di utilizzare le mie macchine analogiche per ritrarre paesaggi e dettagli conosciuti rendendo interessanti anche inquadrature abbastanza scontate come a volte sono certe foto ricordo di gruppo di fronte a monumenti e palazzi storici.